Uomini o caporali
Di Steve Jobs si parla spesso. Io dedico un articolo ai suoi numeri due, tre, quattro...
La storia la fanno gli uomini o le forze sociopolitiche? Si sono scritti diversi libri, neppure malvagi, su quel che sarebbe successo se Hitler (o Churchill) non fosse mai nato, se Napoleone fosse nato pochi anni prima quando la Corsica era ancora parte dell'Italia, eccetera. Nel nostro piccolo angolo di mondo, chiacchiericci analoghi sono nati dopo la scoperta che a Steven P. Jobs fondatore e timoniere di Apple Computer è stato diagnosticato un cancro al pancreas. Il Nostro, fortunatamente, non si è preso l'incurabile adenocarcinoma, ma la ben più rara forma neuroendocrina; è stato operato ed è già tornato al lavoro. Si dimostra definitivamente quindi, sia detto per inciso, che il Padreterno è utente Macintosh, non Windows. Di Jobs vorrò parlare nel febbraio 2005 (quando cadrà il suo cinquantesimo compleanno): dedico il resto di questo pezzullo al resto della squadra.
Chi segue il Mac da parecchio ricorderà che nei primi anni Novanta Apple aveva grossi problemi a rifornire i rivenditori dei modelli più popolari. Problema risolto nel 1998 quando Jobs consegnò il timone delle Operazioni a Tim Cook. Purtroppo pare che sia poi invalso il "principio di Peter", un rispettato corollario della legge di Murphy. Il "principio di Peter" dice che, in una azienda di successo, una persona di valore viene promossa sinché non finisce per occupare un ruolo a cui è inadatto: a quel punto non viene più promosso e resta quindi bloccato nel punto da cui può creare massimo danno. Così, il successo pieno e indiscutibile di Cook nel razionalizzare la catena produttiva di Apple hanno convinto Jobs a nominarlo anche responsabile delle vendite nel 2000, dell'hardware nel 2003 e titolare ad interim della filiale giapponese nel 2004. Magari sarà per altri motivi, ma fatto sta che la produzione del PowerMac G5 si è normalizzata solo ad ottobre scorso, come sa bene chi ha cercato di acquistare un biprocessore da 2,5 GHz. Inoltre, tutti abbiamo constatato come Apple si sia trovata senza uno iMac da vendere per oltre un mese di tempo la scorsa estate...
Il primo, supervisore alle finanze di Apple per quasi un decennio, se n'è recentemente andato in pensione, lasciando al suo posto il secondo, suo delfino da sempre. Anderson lascia dietro di sé una situazione economica che è l'invidia di qualsiasi altra industria produttrice di calcolatori. I debiti di Apple sono allo zero assoluto, l'utile medio per ogni calcolatore venduto ondeggia attorno al 27% (chi traffica in PC si contenta di valori a una sola cifra), gli investimenti in ricerca e sviluppo continuano a crescere anche grazie a un capitale liquido di quasi cinque miliardi di dollari. Tutto questo consente ad Apple di sbarcare in mercati che sino a pochi anni fa le erano preclusi: qualche volta con successo limitato ma prodotti comunque apprezzabili (vedi XServe), qualche altra volta enorme successo (vedi iPod).
A proposito di iPod, Jon Rubinstein è il capo della nuova divisione di Apple che se ne occupa. Prima però era responsabile di tutto l'hardware: non la chiamerei una promozione. Sotto di lui si trova Fadell, che è il vero papà dell'iPod. Aveva cominciato a lavorarci nel 1999, aveva proposto l'idea nel 2000 a RealNetworks, nel febbraio 2001 Rubinstein l'ha portato in Apple e in ottobre il prodotto è stato annunciato. Una bella accoppiata che probabilmente è destinata a darci altre piacevoli sorprese.
Sino al 2003 era il responsabile di tutto il software Apple. Oggi, come Rubinstein, è stato, ahem, "promosso lateralmente": è tornato a scrivere codice e a far scrivere codice a un ristretto gruppo di ingegneri d'elite. Eppure risponde del suo lavoro direttamente a Jobs: una strana situazione, ritagliata su misura per l'inventore di Mac OS X, che promette frutti nel medio periodo.
Non tutti sanno che l'ex-vicepresidente e quasi-presidente USA fa parte del consiglio di amministrazione di Apple. Anzi, l'assemblea degli azionisti l'ha eletto nel ruolo con una percentuale bulgara, superiore persino a quella di cui ha goduto Jobs. Gore ha rassicurato il fondatore di Apple con queste parole: "Stai tranquillo, Steve, nella vita ricevere più voti non conta: posso garantirtelo per esperienza personale."
Originariamente pubblicato in data 27/02/2005