Originariamente pubblicato in data 08/04/1999
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TrueType
TrueType
Cosa sono e come funzionano i font. Ci concentriamo soprattutto sul popolarissimo formato TrueType, disponibile sia su Windows che su Mac.
Quando, nel maggio del 1989, Apple Computer dichiarò di voler sviluppare, diffondere e supportare un nuovo formato per la rappresentazione e il trattamento dei caratteri tipografici (font) su calcolatore, molti operatori del settore hanno dimostrato interesse. Quando poi, nell'ottobre dello stesso anno, Microsoft ha dichiarato che avrebbe introdotto la tecnologia TrueType in Windows e OS/2 Presentation Manager, ben pochi hanno più messo in dubbio la possibilità che il nuovo sistema si ritagli una presenza di spicco nell'arena dei prodotti di desktop publishing.Tra i produttori di font che hanno dichiarato di essere pronti a supportare il nuovo formato spiccano i nomi di Alfa Compugraphic, Linotype, Bitstream, Monotype...
Per scoprire se TrueType sia veramente una soluzione innovativa, e sino a che punto ci fosse bisogno di un altro formato e un nuovo standard, vediamo in dettaglio che cos'è e come viene usato un font su computer.
In fin dei conti, sembrerebbe un compito quasi banale spiegare a un calcolatore che una i minuscola in Helvetica si realizza sovrapponendo un quadrato a un rettangolo, secondo certe proporzioni. La realtà è molto più complessa: la definizione di un insieme di caratteri, che all'osservatore casuale potrebbe sembrare semplicemente equivalente a definire un certo numero di sagome, è un compito molto più vicino alla realizzazione di un programma che alla stesura di un documento grafico.

Il programma che prende un font (come Times), esegue una sequenza di istruzioni per determinare la sagoma di un carattere (come la K), e poi sovraimpone un reticolo per ricavare la matrice di punti che verrà stampata, si chiama rasterizzatore: tutte le stampanti laser che dispongono di caratteri stampabili a ogni dimensione, come la Hewlett Packard LaserJet o le LaserWriter di Apple, ne contengono uno. Adobe Type Manager, il diffuso programma disponibile per Macintosh e in ambiente Windows, è un rasterizzatore usato per rappresentare i caratteri sullo schermo di un personal computer.
Il sistema TrueType, dunque, si compone di un rasterizzatore per i personal computer e di font create per funzionare con questo. La stessa cosa vale per il sistema Adobe e per tutti gli altri metodi alternativi, non molto sfruttati nel mondo dei personal computer: quello che cambia è il modo in cui il sistema viene implementato.
Oggi è disponibile il rasterizzatore per Apple Macintosh, in grado di pilotare oltre al computer anche tutte le stampanti della casa che non usano PostScript: con esso, Apple fornisce i font Helvetica, Times, Courier e Symbol. Il rasterizzatore per Windows e OS/2 seguirà in futuro: non abbiamo anteprime di Microsoft sulla sua disponibilità.

Se prendete in considerazione l'insieme dei quadratini neri vi rendete conto che la loro sagoma ha una parentela solo marginale con la nostra K maiuscola.
É dunque necessario che nel sistema si introduca un po' di intelligenza: è necessario il controllo di un programma che riconosca ed eviti le lacune, minimizzi le seghettature, verifichi che l'altezza di tutti i caratteri in un font di dimensione fissata sia costante, e compia mille altre operazioni per ottimizzare i caratteri sulla periferica che si ha a disposizione (stampante o schermo di computer).
Il primo candidato a incorporare questi algoritmi è, ovviamente, il rasterizzatore. Questo è quanto avviene nel sistema Adobe.
Il rasterizzatore Adobe, quello utilizzato nelle stampanti laser PostScript e nel programma Adobe Type Manager, è un programma piuttosto complesso, che contiene molti sofisticati algoritmi per ottimizzare l'aspetto dei font. Per esempio, esso sa evitare il problema delle lacune nei caratteri: se venisse posto di fronte al caso del nostro esempio, agirebbe per eliminare lo spazio bianco che separa le due metà della lettera K.
Il linguaggio che descrive l'aspetto dei font Adobe, di converso, è molto schematico ed è composto di un sottoinsieme limitato dei comandi PostScript: ventiquattro di essi, per la precisione.
Oltre alle descrizioni di ogni carattere in questo minilinguaggio, ogni font Adobe contiene una serie di suggerimenti (in inglese, hinting) per il rasterizzatore. I suggerimenti aiutano il rasterizzatore a realizzare al meglio il font: si tratta tipicamente di consigli grazie ai quali tutte le lettere verranno stampate con grazie di dimensioni uguali, e che permetteranno di aumentare la rassomiglianza tra lo Helvetica Bold e l'Helvetica Light.
TrueType adotta una strategia diametralmente opposta.
Il sistema Apple si propone di rendere più semplice la realizzazione di nuovi font. Per rendere questo possibile, va aumentata la libertà di ogni designer, e quindi va aumentato il numero di operatori del linguaggio che descrive i caratteri. Operazioni che sarebbe difficile esprimere nel sistema Adobe sono fornite direttamente da TrueType, che si propone quindi come un sistema più completo e che non obbliga il designer dei font ad adottare una sola filosofia - quella Adobe - per realizzare i caratteri. Di conseguenza, il rasterizzatore TrueType è più semplice e meno sofisticato di quello Adobe, perché c'è più intelligenza dei font e quindi non è più necessario che sia il rasterizzatore a rimediare a potenziali problemi come quello delle lacune che abbiamo visto.
La occupazione di memoria dei due sistemi rispecchia questa verità: il rasterizzatore Adobe Type Manager 2.0 occupa approssimativamente 224 kbyte di memoria su un Macintosh II, e Adobe consiglia di aggiungere altri 32 kbyte per ogni famiglia di font usata oltre le prime tre. Il sistema TrueType, dal canto suo, si accontenta di 132 kbyte.
Naturalmente, c'è un'altra conseguenza, e non propriamente piacevole. Dato che il sistema TrueType fornisce molte più possibilità del sistema Adobe, è anche più difficile da dominare. Per rimediare a questo problema alcune case hanno sviluppato degli strumenti che permetteranno ai designer di font di portare le loro creazioni nel formato TrueType senza dover perdere tempo nell'apprendimento delle specifiche di TrueType.
In sintesi, quindi, TrueType sposta l'accento dal rasterizzatore ai font. Vediamo cosa succede in pratica.
Quando il rasterizzatore TrueType esegue il programma che descrive la lettera K in Times Roman, il programmino che corrisponde alla K maiuscola, messo di fronte alla necessità di rappresentare la lettera in uno spazio limitato (solo otto punti di altezza) produce una sagoma modificata rispetto a quella ottimale (di figura 1).
A questo punto, quando il rasterizzatore applica il reticolato e ne ottiene la matrice di punti che saranno stampati o mostrati a video, appare una sagoma adeguata a rappresentare la lettera.
Un'ultima osservazione: come il nostro esempio ci insegna, la rappresentazione dei caratteri su dispositivi a bassa risoluzione, o se preferite la loro rappresentazione in dimensioni limitate, è un banco di prova pregnante. Infatti, ci possiamo aspettare che qualsiasi sistema renda adeguatamente quando ha a disposizione un reticolato di centinaia di punti molto piccoli e molto ravvicinati: eventuali imperfezioni saranno invisibili all'occhio nudo. C'è un rovescio della medaglia: non a tutti interessa che il sistema di rappresentazione dei font usato eccella in questo campo. Per un grafico che utilizzi unità di fotocomposizione, la capacità di TrueType di ottimizzare le prestazioni di uno schermo ha un valore molto relativo, e infatti il sistema Adobe PostScript è nato proprio per pilotare stampanti a grande risoluzione.