Originariamente pubblicato in data 01/12/1992
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Dalla parte del dealer
Dalla parte del dealer
Mettersi dentro la testa di un rivenditore è un buon esercizio, per un utente. Sia per chi ha un singolo Mac a casa, sia per chi ne gestisce duecento in azienda. Aiuta a capire che cosa si può, e cosa non si può, chiedere al proprio dealer
Questa settimana sono andato a trovare Paolo Gibertini, una mia vecchia conoscenza. Paolo è alla testa di Alderan, il centro Apple che riempie di Macintosh le università e le case degli studenti milanesi. Il negozio fa parte del gruppo Alcor, che con otto punti vendita è il più grande di Milano.Gli ho chiesto come ci si sente a fare il venditore in un periodo di stagnazione economica, che notizie abbia, cosa preveda per il futuro.
Da una parte, la buona testa del mio interlocutore mi ha fornito più di uno spunto per la riflessione. Ma si deriva anche un ulteriore beneficio ascoltando i suoi pensieri, che dovrebbe suggerire a tutti i lettori di leggere queste mie righe: mettersi dentro la testa di un rivenditore è un buon esercizio, per un utente. Sia per chi ha un singolo Mac a casa, sia per chi ne gestisce duecento in azienda. Aiuta a capire che cosa si può, e cosa non si può, chiedere al proprio dealer di fiducia: quanto a prezzi, assistenza, competenze.
Fare il rivenditore Apple, evidentemente, oggi è più difficile che in passato. Le macchine a basso costo (le famiglie Classic e Lc) sono vendute anche dai negozi Personal point, specificatamente attrezzati per vedere grandi quantità di macchine a prezzi relativamente bassi.
I margini di guadagno su ogni prodotto venduto, d'altro canto, sono diminuiti sino a raggiungere poco più della metà di quanto si poteva ottenere in altri tempi, in virtù della guerra dei prezzi.
Come se questo non bastessa, sui centri Apple incombe la spada di Damocle dei Performa. Paolo non fa mistero della sua convinzione che, prima o poi, anche Apple Italia si deciderà a distribuire la linea super-economica di computer Mac, attraverso una qualche catena (come i negozi Expert) molto capillare.
La conseguenza è ovvia. possiamo aspettarci che qualche negozio meno saldo di altri chiuda i battenti nel breve periodo. Agli altri si prospettano due soluzioni: intascare i guadagni del proprio lavoro, oppure reinvestire tirando la cinghia e sperando in un futuro più roseo, magari rilevando quanti non ce l'hanno fatta.
Il consiglio, quindi, è di rivolgersi per l'acquisto a entità consolidate. E, d'altra parte, oggi chiedere lo sconto è quasi improponibile, perché il venditore ha un margine di ricavo ristretto, e certamente non può lavorare in perdita. Viceversa, diventa interessante osservare quali servizi aggiunti vengono proposti dai Centri Apple per conquistare il cliente e mantenerlo.
Lo provoco: e il mercato grigio? Non temi che, con l'apertura delle barriere doganali a fine '92, anche in Italia si diffonda la vendita per posta dei calcolatori, effettuata da multinazionali basate magari a Parigi o Londra?
Paolo scuote la testa. A suo parere il problema non si pone, perché la gran parte dei computer venduti vanno a finire ad alimentare la micro-industria e il micro-commercio che costituisce il tessuto dell'economia italiana. Quel milione e mezzo di imprese costituite da una o due persone, dall'architetto al negozio di antiquariato al fruttivendolo, che mentre scrivo stanno protestando per la minimum tax. Questa gente ha bisogno di certezze e di assistenza, secondo Gibertini, e non si sentirà attirata dai venditori postali.
l'utenza completamente domestica che viene attirata dai risparmi offerti dal mercato grigio, ma in Italia questa è marginale. In America così non è: Sculley si è reso conto che esistono sette milioni di focolari domertici disposti a comprare un computer, ed ha mirato ad essi i Performa.
E ci si sente ancora all'avanguardia della tecnologia a vendere un sistema Apple?
Lasciatemi fare un inciso.
Forse ai miei lettori non interesserà, ma la sensazione di acquistare il massimo dei personal computer è, secondo me, sia critica sia sacrosanta. Per un programmatore come il sottoscritto, Windows 3.1 è una squallida imitazione di facciata. Io sfoglio i manuali tecnici, vedo che Mac offre più di duemila funzionalità, che Windows ne ha circa cinquecento, e mi rendo conto che qualsiasi applicazione Mac sarà più veloce e più compatta, più efficace e più potente, di un qualsiasi equivalente Windows. Io so che ci sono decine di funzioni che un programma Mac può offrire e che sono impossibili su Windows. Ma l'utente medio non ha questa consapevolezza, e io ho sempre sospettato che un acquirente completamente naif (ammesso e non concesso che esista), vedendo -- putacaso -- Excel di qui e di lì finisca per prendersi un IBM compatibile semplicemente perché gli tirano (letteralmente) dietro un 486 a due milioni e mezzo.
Fine inciso.
Gibertini ci pensa, e poi mi dice che no, questo non succede. I commessi di Alcor, dice, anche se hanno in listino anche i calcolatori MsDos, quando entra qualcuno che cerca, genericamente, un computer, finiscono per consigliargli un Mac. Sogghigna: anche quando il ricavo per il negoziante è inferiore. In quel sogghigno si intuisce una lavata di capo per qualche giovane venditore troppo ben intenzionato nei confronti del cliente, ma lascio passare.
C'è sempre la sensazione, la certezza, che comunque il Mac è superiore di tutta la testa al resto del mucchio. Che è più semplice da usare, più completo, che vale la spesa. IBM e Compaq sono costrette a farsi concorrenza da sole, smerciando con i propri marchi calcolatori montati usando pezzi fatti a Taiwan, per abbassare al massimo i prezzi. La qualità Apple, invece, è salva.
E le vendite rispecchiano questa realtà: le quote della mela sono in continua ascesa, da noi come nel mondo.
Mi rinfranco, e passo a un altro argomento: quando arriva Newton?
L'uscita di Newton è, sembrerebbe, ritardata di qualche mese, e non dobbiamo aspettarci di vedere il piccolissimo gioiello di Apple prima di Pasqua. Però la tecnologia Newton non è in ritardo, mi dice Paolo, e così è possibile che Sharp, o qualche altro licenziatario del brevetto, finisca per assalire il mercato prima della stessa Apple.
Le conseguenze non sono da poco. Se Newton viene, più o meno apertamente, lasciato nelle mani di una multinazionale specializzata nel mercato consumer, ne vedremo delle belle.
Non voglio fare il vaticinatore: io sono un tecnico. Ma anche un tecnico deve capire che il futuro di una oggetto a tecnologia avanzata come Newton dipende anche dal modo in cui viene posizionata sul mercato (se il tecnico non lo capisce, non fa molta strada... almeno non come consulente). Un calcolatore ha delle potenzialità vastissime: è il mercato a decretare quali filoni vengono sfruttati più intensamente. Per esempio, se Amiga non fosse stata prodotta da Commodore, i programmatori avrebbero realizzato per quella macchina molto meno software ludico e molto più software professionale di tipo grafico (DTP, CAD, presentation...) e oggi sarebbe Amiga il rivale del Mac in quei settori.
Quindi, potrebbe succedere che Sharp presenti aggressivamente Newton come agenda per studenti, o come cellulare/fax intelligente per manager e amanti dello status symbol, o come giocattolo per tecnocrati. Il futuro del prodotto Apple, quindi, non dipenderebbe più da Apple, se non marginalmente, e sarebbe completamente svincolato dalla tradizionale catena di distributori e utenti Apple.
Il Newton firmato Apple comunque, secondo Gibertini, finirà nelle mani dei Personal point, e non dei Centri Apple, cui resteranno i Macintosh (e, in un prossimo futuro, i PowerPC).
E il futuro?
Il mio interlocutore -- in questo sottoscrivo pienamente il suo pensiero -- vede per il 1993 il definitivo pensionamento del vecchissimo MsDos (non riposi in pace, mi sento di aggiungere io).
Nel nostro futuro, la rivalità di IBM e Microsoft (MsDos e Windows) contro Apple (Macintosh) sarà probabilmente sostituita gradatamente dalla sfida tra Apple e IBM (uniti nel segno di PowerPC ) contro Microsoft (Windows NT). Resta, terzo incomodo, OS/2. Paolo non sa supporre che ne sarà. Io immagino che IBM non avrà altra scelta che accantonarlo gradualmente, se possibile facendo supportare da PowerOpen le sue principali caratteristiche per non lasciare a piedi i pochissimi che lo hanno accettato.
A questo punto, però, Gibertini scrolla la spalle: personalmente, dice, trovo il prossimo futuro molto interessante, ma come rivenditore non mi interessa più di tanto che cosa succederà. Un dealer può anche riciclarsi, se il mercato cambia direzione: basta qualche mese.
Il colloquio è finito.
Per concludere, eccoci al trafiletto dedicato a punire i malvagi e premiare i benemeriti. Potete darmi segnalazioni scrivendo al solito indirizzo.
La buccia di banana di questo mese va a Microsoft: una volta di più hanno voluto fare le cose alla loro maniera anziché in modo canonico. Di conseguenza, Word 5 non è pienamente compatibile con System 7.1 e i sistemi internazionali: i nomi dei font cirillici che la signora Accomazzi usa nel suo lavoro appaiono come una sequenza indistinta di quadratini.
Il petalo di rosa di questo mese va ad Apple per i PowerBook Duo. Sono meravigliosi e assolutamente impeccabili. Durante la conferenza stampa di presentazione ho lavorato per dieci minuti con un 230, tenendolo per un angolo con la sinistra, senza che la mano si stancasse. Era da parecchio che non mi capitava di vedere qualcosa di tanto geniale.