MyLifeBits
Microsoft lancia un nuovo progetto di ricerca. Obiettivo: registrare tutto quel che diciamo e sentiamo. Ma proprio tutto.
Cosa lascerete di voi stessi ai vostri lontani discendenti? Le generazioni che ci hanno preceduti non potevano far altro che lasciarsi alle spalle qualche foto color seppia, qualche lettera ingiallita (ma con un bellissimo francobollo) e il canterano della stanza da letto. Oggi, nell'era dell'informazione, non possiamo fare a meno di lasciare dietro di noi tracce ben più consistenti: le banche memorizzano di routine i nostri estratti conto e l'elenco degli acquisti effettuato con la carta di credito, le compagnie telefoniche (di terra e cellulare) registrano un elenco delle chiamate che abbiamo effettuato, il nostro calcolatore archivia tutta la posta elettronica che fa transitare, eccetera.
Chi tiene alla propria privacy penserà che tutto questo à sin troppo, ma apparentemente c'è qualcuno che pensa che sia troppo poco. Gordon Bell e il suo gruppo di ricercatori di Microsoft hanno lanciato un progetto chiamato MyLifeBits (letteralmente, pezzetti della mia vita) che si propone di archiviare per i posteri letteralmente tutto quello che diciamo, o perlomeno quanto più possibile. E ogni foto che scattiamo, ogni film che giriamo, ogni conversazione telefonica o di persona in cui ci impegnamo, più tutti i testi di tutte le pagine web che visitiamo. L'idea è di trasformare un giorno questo sistema in un componente del sistema operativo Microsoft Windows. Gordon Bell ha cominciato ad archiviare compulsivamente tutto il materiale che trovava a proposito di se stesso sin dal 1999, creando una gigantesca base dati digitale che copre tutte le foto e i documenti di famiglia su cui è riuscito a mettere mano, le più vecchie datate 1900. Buona parte di questo materiale, per i curiosi, è accessibile attraverso il sito web dedicato alla iniziativa [1].
Per registrare tutte ma proprio tutte le informazioni e inviarle alla archiviazione totale globale, si può aggiungere al bavero della giacca un microfono digitale collegato a un registratore che memorizza i suoni su disco rigido. Un programma di riconoscimento vocale, analogo al popolarissimo IBM ViaVoice (disponibile solo per chi parla in inglese) [2] viene poi scatenato sulla registrazione audio in modo da trascrivere il formato testo ogni parola che il ricercatore ha pronunciato o sentito. La tecnologia è tutt'altro che perfetta, e circa due parole ogni cento finiscono per venire mal trascritte, ma i ricercatori contano di poter fare di meglio affinando i loro programmi. Lo scopo ultimo di tutta questa fatica? Poter, un giorno, "googolare" la propria vita cioè interrogare la base dati, per parole chiave o alla ricerca di una frase qualsiasi o semplicemente di una parola speciale ritrovando traccia degli accordi presi a voce, delle promesse fatte e dimenticate, delle idee esposte e poi lasciate da parte.
Il vostro articolista è, per la verità, un po' perplesso; e si chiede cosa penserebbero di lui i posteri se avessero traccia scritta di quello che dice ogni qual volta un automobilista della domenica gli taglia la strada obbligandolo a una brusca frenata...
Originariamente pubblicato in data 23/09/2003