Il disco rigido più grande
Quanti dati possono trovare spazio sui dischi che colleghiamo ai calcolatori? Nuove scoperte scientifiche ne aumentano la capienza
Quanti dati possono trovare spazio sui dischi che colleghiamo ai calcolatori per memorizzare testi, immagini, film digitali e programmi? I primi
dischi rigidi per PC, messi sul mercato alla metà degli anni Ottanta, potevano contenere cinque megabyte di informazioni. e cioè disponevano dello spazio necessario per memorizzare il testo di sei o sette libri grandi quanto la Divina Commedia. I modelli più capienti oggi sul mercato sono circa cinquantamila volte più capienti, e secondo alcuni esperti ci stiamo avvicinando ai limiti fisici di cui è capace la tecnologia. I dischi rigidi, infatti, sono parenti ad alta tecnologia delle comuni videocassette ed audiocassette: registrano i dati magnetizzando una superficie e poi li rileggono andando con un sensore a rilevare il campo magnetico. Per inciso, uno dei motivi per cui produrre l'audiocassetta musicale di un gruppo rock costa più che produrre l'equivalente CD audio sta nel tempo necessario a svolgere per intero il mastro e inciderlo: il CD però viene venduto nei negozi a un prezzo più alto per motivi non tecnici.
Il sette ottobre 2005 un gruppo di scienziati della Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne [1] capitanati dal professor Harald Brune, hanno presentato una soluzione che, a loro dire, rappresenta il limite ultimo di quanto sarà possibile fare per stoccare i dati in forma magnetica. Su un substrato di cristalli di oro puro, i ricercatori di Losanna hanno creato un lattice di cobalto in cui piccolissimi gruppi solo due atomi risultano sensibili a un campo magnetico e possono venire usati per registrare un bit — la più piccola quantità di informazione possibile, equivalente a una risposta "si" oppure "no" a una domanda. Ben ventiseimila miliardi di bit trovano posto su ogni centimetro quadrato di spazio: una capienza inaudita, oltre duecento volte il meglio di quanto disponibile oggi sul mercato, eppure in totale assenza di interferenze tra un bit e quelli limitrofi. L'interferenza è infatti la grande nemica della miniaturizzazione magnetica: immaginate di passare davanti a una fila di cantanti, ciascuno dei quali sta dando voce a un motivetto differente. È intuitivamente chiaro che, se i cantanti rimpiccioliscono (anche per effetto della distanza) diventa più difficile per il nostro orecchio riconoscere la musica di ciascuna e distinguerla dalla cacofonia complessiva. Le testine magnetiche che leggono lo stato dei singoli bit sui moderni dischi rigidi incontrano difficoltà perfettamente paragonabili, perché non possono poggiarsi sulla superficie (la graffierebbero) ma soltanto sfiorarla.
Con la tecnologia sviluppata al politecnico romancio si calcola che sarebbe possibile creare un disco rigido di dimensioni comuni eppure capace di registrare diecimila film con una qualità paragonabile a quella di un disco DVD.
Purtroppo non vedremo tanto presto un disco del genere nei negozi: gli scienziati di Losanna hanno operato a 223 gradi centigradi sotto lo zero per poter manipolare la superficie magnetica con la precisione necessaria, evitando i disturbi che la temperatura ambiente provocherebbe. Tuttavia, il professor Brune e i suoi colleghi hanno dichiarato di essere al lavoro su un prototipo in grado di funzionare a temperature più consuete, anche se le densità previste risulteranno più basse.
I risultati scientifici della equipe del professor Brune sono state pubblicate sul numero del sette ottobre della prestigiosa rivista scientifica internazionale
Physical Review Letters
Originariamente pubblicato in data 28/10/2005